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2001

   

I caschi blu sbarcano a Varedo

E' scoccata alle 18:12 l'ora della tanto attesa inaugurazione di "Kosmos", la prima fontana al mondo dedicata alla memoria dei caschi blu caduti nelle missioni di pace dell'Onu dal '48 a oggi. Varedo è così diventata ufficialmente "Città di Pace", con il sostegno delle Nazioni Unite, rappresentate per l'occasione dal direttore in Italia Steffan De Mistura.

I cittadini accorsi, almeno 5 mila nonostante la pioggia, hanno così potuto vedere finalmente in funzione, nel suo splendore di luci e giochi d'acqua, l'opera realizzata da Alberto Ceppi. I vari gonfaloni della Regione, della Provincia e dei comuni brianzoli sono stati quindi portati direttamente alla Valera.

 
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Qui ci sono stati gli interventi del sindaco Antonella Galimberti di Anastasia e del tenente Gianfranco Paglia, rimasto vittima di un incidente durante una missione in Somalia e medaglia d'oro al valor militare: "Abbiamo il dovere di non dimenticare chi ha sacrificato la propria vita per la pace -ha detto- solo così la memoria del loro operato potrà rimanere viva". Il sindaco Galimberti ha ricordato come i caschi blu morti nelle 54 missioni fin qui realizzate dall'Onu siano stati 1674 e ha menzionato in particolare Maria Cristina Luinetti, crocerossina che abitava a Cesate ed è decaduta nel '93 in Somalia a soli 30 anni. Dopo l'alza bandiera e l'inno d'Italia c'è stata la benedizione del monumento ad opera di Don Roberto Gatti ed è stato reso onore ai caduti.

Tratto da "Il Giorno” 18 marzo


 

L'orgoglio di indossare la divisa

Quando la violenza e la cattiveria altrui ti cambiano da un giorno all'altro la vita,quando con l'onore e l'orgoglio di indossare una divisa parti per una missione di pace, entusiasta di aiutare chi è in pericolo, e te ne torni a casa su una sedia a rotelle. E' questa la vicenda di Gianfranco Paglia, 31 anni, tenente paracadutista, medaglia d'oro al valore militare per la missione di pace dell'Onu del 93 in Somalia dove rimase ferito. Nei giorni scorsi Paglia è stato ospite della sezione cittadina dell'Associazione Nazionale Paracadutisti di Monza e di quella Amici dell'Autodromo. E' un ragazzo dotato di straordinaria sensibilità e forza d'animo, con un sorriso che ti conquista e, dopo l'imbarazzo iniziale, capisci che al termine di quella chiacchierata tornerai a casa arricchita, vergognandoti per il troppo peso dato a quelli che definisci problemi e sfortune.

 
 
 

E ti rendi conto di quanto la vita sia generosa nei tuoi confronti. "Certo la mia esistenza non è più quella di un tempo, ma non per questo mi sono arreso a un futuro professionale dietro la scrivania. Lo so che non potrò più camminare, ma per questo motivo non voglio sottomettermi ad una vita da impiegato. Sono un militare, sono orgoglioso della divisa che indosso e sebbene sulla sedia a rotelle credo profondamente nei valori per i quali ho deciso di entrare nell'esercito".
Ideali di pace in difesa dei deboli, delle donne, dei bambini, lotta contro la violenza in questi giorni acquistano soprattutto per il giovane militare un significato particolare. "Vedendo le immagini provenienti dagli Stati Uniti sono pervaso da un sentimento di grande impotenza. Una rabbia che va controllata, un sentimento istintivo che va razionalizzato perché non si può fare di tutta l'erba un fascio. E' difficile e mi rendo conto che in certi casi, proprio come in quello americano, l'uso della forza è necessario, indispensabile affinché certi eventi non si ripetano". Parole dure pronunciate da un giovane uomo che si è sacrificato in prima persona per la pace. L'entusiasmo rimane quello di sempre anzi si infervora quando sente criticare i suoi compagni per comportamenti definiti troppi violenti. "Mi ha fatto molto male sentire le critiche contro carabinieri e polizia durante il G8. La gente non capisce che cosa significa trovarsi con una divisa di fronte a persone che ti aggrediscono, o quando vedi caduto accanto a te il tuo compagno. In Somalia ero andato a portare la pace e mi sono poi trovato a fare il bersaglio. Ma sono orgoglioso e felice di quello che ho fatto.

Tratto dal "Giornale di Monza” 18 settembre

 

 

Paglia: "il sacrificio dei civili è un prezzo da pagare nella guerra contro il terrorismo"

"La storia ci ha insegnato che l'uso della forza serve a sconfiggere il male. La guerra in Afghanistan è purtroppo necessaria. Dopo le vittime delle Torri Gemelle, oggi il mondo piange gli innocenti che cadono sotto i bombardamenti degli alleati. I media parlano di centinaia di vittime. Ma potrebbero anche trattarsi di talebani e non di innocenti civili che, comunque, non mancano in qualsiasi conflitto". E lui, che di guerre ne ha viste tante, lo sa bene. Paglia ha partecipato a molte missioni di pace, anche se lui tiene a sottolineare che "nessuna missione è mai di pace, anche se forse, per rassicurare chi rimane a casa, così vengono definite. I soldati italiani che sono stati in Libano, in Somalia e nei Balcani si sono trovati in territorio di guerra, inviati appunto per ripristinare la pace.


Ma sempre di guerra si trattava. Le uniche missioni di pace sono state quelle in Mozambico e in Eritrea, dove la situazione veniva gestita dall'Onu e non dalle forze Nato". Ha infine concluso Paglia:"Credo non sia giusto definire l'intervento dell'Italia un atto di guerra. E', anzi un atto di difesa contro il terrorismo. I soldati italiani non sono andati lì per conquistare nuovi territori ma per estirpare il male lì dove è nato".

Tratto dal "Corriere di Caserta” 25 novembre