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1994 |
Ferito in Somalia Una raffica di mitra non ha spezzato la vita di Gianfranco Ho visto camminare il sottotenente Gianfranco Paglia, del 186° reggimento paracadutisti Folgore di Siena. Pochi passi, brevi, faticosi, una conquista, una speranza. In Svizzera, in una clinica specializzata in riabilitazione <<mi hanno restituito la parte superiore – dice Gianfranco Paglia – e sono tornato a muovere braccia e mani, a ruotare il dorso, ho potuto sedermi in una carrozzina>>. Poi è stato i primi quattro mesi del 1994 a Mosca, da Valentin Dikul. A Firenze in un centro che applica il metodo Dikul, per la prima volta dopo tanti mesi ha mosso questi suoi pochi passi senza l’aiuto di strumenti, di parallele: si è tenuto eretto soltanto appoggiando le braccia tese su robuste mani amiche. Dikul viene a Firenze a controllare gli strumenti per la riabilitazione, fatti di sbarre, cavi, pesi, carrucole. Servono ad allenare con esercizi intensi prolungati quei muscoli che possono essere ancora usati, da delegare ad altri movimenti. Una specie di riprogrammazione con nuovi schemi di movimento, con un allenamento attivo e passivo che sollecita muscoli a funzioni nuove, insegnando a fare quello che non facevano. Esercizi per ogni gruppo di muscoli che riescono a muoversi, e al quale possono essere affidati anche altri movimenti. <<Un millimetro per volta>> dice Dikul. Non sempre è possibile. Ma sono fondamentali la fiducia del paziente in se stesso e la spietata volontà a impegnarsi, soffrire,sacrificarsi,credere. Gianfranco Paglia sa battersi con coraggio di un parà della Folgore, e questo aspetto del suo carattere è molto importante, insieme con la fede in se stesso e la volontà di lavorare. Tratto da "La Nazionale” 29 dicembre 1994 |
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